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La quiete dopo la battaglia

Nell'autunno 1916 si concludevano le due battaglie della Grande guerra

i cui nomi diventarono sinonimo di orrore e morte di massa: Verdun e la Somme.

 

 

Nel 1916 la guerra di movimento era un lontano ricordo che aveva ceduto il passo ad una teoria infinita di trincee, di fortini e di filo spinato che dalla costa belga attraversava la Francia fino alla Svizzera: il Fronte Occidentale era l'incarnazione della guerra di posizione e di logoramento.


In questo contesto il generale tedesco von Falkenhayn decise un attacco alla città di Verdun in Lorena. L'obiettivo non consisteva nel conquistare territori ma "dissanguare goccia a goccia" l'esercito francese. Tutto il progresso e lo sviluppo industriale maturati nella Belle Époque furono messi al servizio della cosiddetta "guerra di materiali": "non vere e proprie battaglie, ma catene di montaggio della distruzione", come sostiene lo storico Antonio Gibelli. Il tritacarne di Verdun non fece distinzione tra le divise blu francesi e quelle grigie tedesche, perché l'unica finalità sembrò essere l'annientamento dell'essere umano.


Una cosa simile avvenne sulle pianure ondulate della Somme in Piccardia. Il 1° luglio 1916, inizio dell'offensiva anglo-francese che intendeva sfondare le linee nemiche ed alleggerire il fronte di Verdun, si trasformò nel giorno più sanguinoso della storia dell'esercito britannico con 57.470 perdite di cui 19.240 morti. Il massacro proseguì per tutti i successivi cinque mesi.


Ispirandomi ai racconti dei testimoni dell'epoca ho intrapreso un viaggio alla scoperta dei due campi di battaglia, parte di un progetto più ampio dedicato al Fronte Occidentale e proseguendo quelli già realizzati sulle tracce della guerra d'alta montagna in Trentino, dove vivo. Progetti che nascono quindi dai libri, per voler capire cosa e come è successo in Italia ed in terra di Francia, esplorando ciò che rimane ma anche quello che in cento anni è cambiato.


Ora sono luoghi immersi nel silenzio, lontani nel tempo dal frastuono delle bombe e nello spazio dai frenetici ritmi della vita contemporanea. Vi si respira quella particolare quiete della natura che avanza e che tenta di immergere nella sua bellezza un paesaggio tuttora dilaniato. E' qui che affiora il passato, con i suoi frammenti di vita e di morte: i contadini della Somme ogni anno mietono un raccolto di barbabietole e di acciaio, nei boschi di Verdun i monconi di una chiesa sono tutto ciò che resta della vita bucolica di un paese d'anteguerra, mentre le mura sbrecciate delle fortezze evocano la potenza delle tempeste di fuoco.


E' qui che le nazioni del dopoguerra opposero alla spersonalizzazione della morte seriale le croci, i monumenti e gli ossari. E le lanterne di questi ultimi, come fari nella notte, ricordano all'umanità il buio che ha pervaso il mondo all'alba della modernità.
 

 

 

                     

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